Delitto Gucci: Ciak si gira!

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Delitto Gucci: Ciak si gira!

Maurizio Gucci, Presidente della casa di moda Gucci, il 27 marzo 1995 viene ucciso con quattro colpi di pistola all’ingresso della sua società Vierse a Milano. Durante la sparatoria resta ferito il portiere Giuseppe Onorato e si avviano le indagini, valutando varie ipotesi anche nel mondo degli affari. La Casa di Moda in quel periodo ha un grande successo. Fondata nel 1921 da Guccio Gucci a Firenze, diventa negli anni un marchio conosciuto in tutto il mondo. A Guccio si devono il marchio G incrociato e i mocassini con il morsetto. Lascia la sua eredità ai cinque figli: Ugo, Grimalda, Aldo, Vasco, Rodolfo.

Ma sono Rodolfo e Aldo dopo, a occuparsi dell’azienda e a farne un brand internazionale. I rapporti però tra di loro sono pessimi e le cose non migliorano con la nuova generazione. Rodolfo, anche ex attore con il nome di Maurizio D’Ancora è il padre di Maurizio, il quale una volta assunta la direzione nel 1983 licenzia lo zio. Dagli anni ’80 i rapporti tra gli eredi s’inaspriscono e parte delle azioni vengono progressivamente vendute fino all’esclusione della famiglia Gucci nel 1993. Maurizio, infatti, vende la sua quota all’Investcorp. In seguito con la sua morte si valutata la pista degli affari, per poi arrivare all’ex moglie Patrizia Reggiani.

Maurizio dopo dodici anni di matrimonio e due figlie, s’innamora di una donna più giovane e lascia la moglie, divorziando nel 1992. Il matrimonio con Patrizia viene celebrato nel 1973, nonostante la contrarietà del padre, che la considera un arrivista interessata solo ai soldi. In seguito valutando i fatti, difficile dargli torto! Eppure sembra che un tempo, i due, tra viaggi e lusso si siano amati tanto, aiutati dal contorno. Lui le regala persino un veliero del 1927 “Créole”. Ma alla morte del padre Rodolfo, che Maurizio sostituisce nel lavoro, la favola s’incrina.

Maurizio è spesso in viaggio e preso dal suo lavoro si circonda di persone nuove. E secondo la Reggiani, il marito ha bisogno di leggerezza, non avendo più il controllo del padre. Rinnova infatti, l’assetto manageriale dell’azienda, si lascia andare a spese folli e mostra di non avere più bisogno di lei che “può anche andarsene”. Incontra un’altra donna e si arriva al divorzio. Inizia una vera guerra tra i due. Maurizio sembra non prenda quasi mai le figlie e lei inoltre nel 1992 subisce un intervento per un tumore al cervello. Si riprende presto, ma è sempre più sola.

La Reggiani, dopo il divorzio nonostante un’ottima rendita, alimenta un forte risentimento contro Gucci, tanto da chiedere in giro, alla cameriera, al macellaio con molta leggerezza e senza troppi misteri e scrupoli se conoscano qualcuno per ammazzarlo. E a quanto pare lo trova, anzi più di uno! Dopo due anni di ricerche con intercettazioni telefoniche e un informatore, la Polizia scopre la Reggiani come mandante dell’omicidio di Gucci. Vengono arrestati con lei i complici: Benedetto Ceraulo esecutore del delitto, Orazio Cicala l’autista, Ivano Savioni l’organizzatore, Giuseppina Auriemma intermediaria e amica di Patrizia.

La Reggiani è condannata a ventisei anni e rilasciata dopo circa venti, nel 2017, ricevendo di nuovo la rendita di “1,1 milioni di franchi svizzeri l’anno” stabilita anni prima da Gucci. A questa somma si aggiungono gli arretrati di diciassette milioni, non percepiti durante la detenzione. Ritorna a essere una donna ricca e diventa un altro motivo di disaccordo con le figlie, che non vogliono versare alla madre l’appannaggio stabilito. Ma per la giustizia non è possibile scindere l’accordo e tanto meno può avere un peso la questione morale.

Alla Reggiani spetta per diritto. Sulle motivazioni invece che l’hanno spinta a tanta fredda crudeltà, dichiara: “Ho fatto uccidere mio marito per stizza”. E ritorna in libertà, nella ricchezza di prima e senza essersi “mai pentita“, “sollevata” dalla sua assenza, sostenendo tra l’altro che comunque “se l’è cercata!”.

Nonostante una vita spezzata con due colpi d’arma alla schiena, uno al gluteo destro e un altro ancora alla tempia, perché la vittima ha il tempo per guardare in faccia l’assassino. Infatti “non muore subito, e viene finito con un quarto colpo a distanza ravvicinata alla tempia sinistra”. Per stizza, neanche per soldi. L’idea probabilmente che il marito si risposasse e avesse altri figli incide. Questo significa per la Reggiani perdere il controllo su di lui, non poterlo più manipolare e lasciare che alle figlie sia sottratto parte del patrimonio e a lei anche il Nome, lo status a cui tiene tanto.

La storia maledetta viene raccontata in un’intervista dalla Leosini, in cui la Reggiani appare in tutta la sua freddezza, non a caso definita dalla napoletana Auriemma “una donna molto pericolosa”. La morte di Gucci e la motivazione capricciosa dell’omicidio, appaiono ingiustificati e tanto assurde e crudeli da incuriosire anche i cineasti nella realizzazione di un film.

E in questo periodo tra Como, Milano e Roma è in preparazione il film tratto dal libro biografico The House of Gucci di Sara Gay Forden e girato dal celebre Ridley Scott. La pellicola vanta un cast stellare, nel ruolo della Reggiani la camaleontica Lady Gaga, Adam Driver in Maurizio e il Grande Al Pacino interpreta Aldo. A cui si aggiunge la presenza del meraviglioso Jeremy Irons, che invece diventa Rodolfo.

La casa di moda ha messo a disposizione il proprio archivio per rendere tutto più reale, anche se dalla famosa famiglia fiorentina non mancano dissensi sulla lavorazione, ritenuta per loro poco veritiera e si prepara probabilmente ad azioni legali. L’opinione degli eredi nonostante i loro conflitti, le faide, sembrano in sintonia almeno su questo.

Intanto, la presenza degli artisti in Italia e del loro entourage, aggiunge un po’ di ossigeno alle città blindate e boccheggianti. Si attende di vedere il film con la creativa Lady Gaga e Al Pacino, un mostro di bravura del cinema internazionale, non molto gradito dalla famiglia Gucci, per aver impersonato ruoli mafiosi. Al Pacino però ha interpretato un assassino, la famiglia Gucci invece se ne ritrova in casa uno. O quantomeno, Al Pacino per evitare di ammazzare la moglie non si è mai sposato. E non è mai stato in prigione come Aldo per evasione fiscale.

Non solo, la Reggiani, sembra sia rimasta male, per non essere stata chiamata dalla produzione e per non aver accettato Lady Gaga di incontrarla. Resta Infastidita, come del resto l’opinione pubblica della sua stessa freddezza. Il tempo dovrebbe sanare, restituire l’umanità perduta non confermare gli orrori o errori.

Comunque, negli anni su di lei e sui fatti le notizie non sono certo mancate e un bravo attore riesce anche immedesimarsi, facendo a meno degli stessi assassini. Ragione di cui non si dubita conoscendo la singolare Grandezza degli Attori.

Inoltre, la Famiglia Gucci volendo potrebbe produrre un proprio film sulla storia, fatto a misura delle loro esigenze e conoscenze, ma si dubita che su questo punto, si raggiunga un accordo, come spesso accade nella parte economica.

Intanto, un uomo senza particolari colpe è cinicamente morto. L’ex moglie ha pagato e ritorna agli agi e alle pellicce. L’ultima compagna Paola Franchi, nonostante il dolore è riuscita comunque a rifarsi una vita e a essere felice. Giusto! Le figlie oggi sembrano più arrabbiate con la madre per l’appannaggio percepito, che per la perdita del padre. E Maurizio Gucci invece riposa in pace, si spera, mentre avrebbe dovuto risposarsi lo stesso anno del delitto. Ma non ha fatto in tempo e nonostante il ricco appannaggio concesso, non gli è stato permesso. Che dire: “Triste chi muore!”, la vita continua. Ciak si gira!

Delitto Gucci, l’ex moglie Patrizia Reggiani: «Ho fatto ammazzare Maurizio per stizza»- Corriere.it

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Maurizio Gucci insieme con l’allora fidanzata Patrizia Reggiani nel 1972. I due si sposarono l’anno successivo ed ebbero due figlie. Gucci fu ucciso nel 1995 e l’ex moglie fu arrestata il 31 gennaio del 1997 e ha scontato 20 anni di carcere

Patrizia Reggiani è dapprima una silenziosa indagatrice del prossimo, del quale studia corpo e abbigliamento, mossa dall’evidente aspirazione a individuare eventuali armonie e disarmonie dell’essere umano e della sua presenza in scena, in questo caso il salotto della villa a tre piani più torre tra il tribunale e la sinagoga dentro il quale, sotto il suo sguardo severo, si muove leggero il personale di servizio. Patrizia Reggiani sa gestire il tempo e le lunghe immote pause in presenza di un estraneo, forse eredità dei quasi vent’anni di carcere a San Vittore per essere stata la mandante dell’omicidio dell’ex marito Maurizio Gucci, assassinato nel 1995. Ma è, Patrizia Reggiani, una donna che a domanda risponde, pur se lei evoca ricordi e finge di non rammentare dettagli salvo proporli poi, più avanti, fuori sincro, oppure scandisce così netta alcune frasi chiudendo i margini di ulteriori approfondimenti, o ancora mantiene inalterato il basso tono di voce senza distinzione fra gli argomenti, non manifestando quali concetti siano preferibili e quali interrogativi fastidiosi.

Sono le diciassette. È reduce da una seduta di fisioterapia. Nessuna fotografia riflette le sue dimensioni assai minute, elegantemente corredate di bracciali e anelli che non esibisce: seduta sul divano, tiene infatti le mani basse, incrociate. Ha settantadue anni. Offre un chinotto con cubetti di ghiaccio e una torta mimosa di rara bellezza, ma mai come i piattini sui quali poggiano le fette e che osserva soddisfatta. Il programma di giornata proseguirà con la cena e la visione dell’intervista dei reali inglesi Meghan ed Harry.

Come nacque la storia con Gucci?

«Ci trovammo a uscire in quattro. Io e il ragazzo con cui flirtavo, e una mia amica che faceva lo stesso con Maurizio. Andavamo al Nephenta, in piazza Diaz, e negli altri migliori locali di Milano. Ho sempre adorato far tardi e, di conseguenza, svegliarmi tardi. In sincerità lo facevo anche in carcere. Comunque: dopo le iniziali uscite a quattro, trascorsero dei giorni, delle settimane. Ci divertivamo un mondo. Cene, feste, eventi… Seppi dall’amica che Maurizio mi aveva messo gli occhi addosso, fin dall’inizio, e che a un certo punto lei si era arresa, lasciandogli il campo libero. Soltanto che io non mi ero accorta di un bel niente. Quei suoi occhi sembravano quelli di un pesce lesso, e comunque ero la regina di Milano, insomma, bisognava andarci piano con me… Quando quel quartetto si sgretolò, perché le due coppie sparirono in virtù della creazione di una sola – quella formata da me e Gucci – e iniziai a stare con lui, per prima cosa lo portai dal parrucchiere. I capelli con la brillantina non si potevano vedere. Per la verità, nemmeno un dente mezzo rotto che aveva sul davanti».

Insomma, non fu colpo di fulmine.

«In lui cresceva lo slancio a mia completa insaputa. Zero proprio».

E invece che cosa successe?

«Successe».

Fu amore?

«È stato amore, grande amore. Senza dubbio».

Sopra, il corpo di Maurizio Gucci viene portato via dal palazzo di via Palestro 20, dove è stato ucciso, il 27 marzo 1995. Sotto la prima pagina del Corriere all’epoca Sopra, il corpo di Maurizio Gucci viene portato via dal palazzo di via Palestro 20, dove è stato ucciso, il 27 marzo 1995. Sotto la prima pagina del Corriere all’epoca

Siete stati felici?

«Sì».

Davvero?

«Sì.»

E fu anche passione?

«Non pari all’amore nelle fasi originali. Io ero illibata».

Che coppia siete diventati?

«Siamo stati una bella coppia. Fin quando si sono messi in mezzo dei suoi amici. Hanno fatto gruppo contro di me e lì è iniziata la rovina. Una costante opera di isolamento».

Per quale motivo?

«L’hanno fatto e basta».

Nella degenerazione del matrimonio l’amore s’è lentamente trasformato in odio? La coppia si incrina e frantuma, dilaniata da incomprensioni, litigi, ripicche, suo marito che la abbandona per un’altra mentre lei si ammala di una bestia atroce… Per questo ha deciso di farlo uccidere? Odio?

«Nessun odio. Io non odiavo Maurizio. Non l’ho mai odiato. È stata stizza, la mia. Mi stizziva. Andavo dal salumaio e domandavo se conoscesse qualcuno che ammazzava la gente. Pensare che anni prima, avevano assassinato un conoscente di Maurizio e ci trovammo a parlarne. Eravamo alle Galapagos. Io ripetevo – e non mentivo – che non ne sarei mai stata capace. Mai».

Dunque fu la stizza? Si commissiona un assassinio per la stizza?

«Così le ho detto».

Patrizia Reggiani in aula dopo l’arresto, per il processo in cui è stata condannata come mandante dell’omicidio di Maurizio Gucci, suo ex marito (Dal Zennaro/Ansa) Patrizia Reggiani in aula dopo l’arresto, per il processo in cui è stata condannata come mandante dell’omicidio di Maurizio Gucci, suo ex marito (Dal Zennaro/Ansa)

Da allora a ora. Il 27 marzo 1995. Corso Venezia. Un sicario. Una pistola calibro 32. Proiettili destinati a Maurizio Gucci; ha 46 anni e per dieci è stato presidente del marchio di moda; lascia la casa in corso Venezia 38, attraversa la strada e prende via Palestro; entra nel palazzo al civico 20 dove ha sede la sua nuova società, la Viersee; cammina; il killer gli sta dietro, spara, lo uccide, scappa. Due anni di indagini a vuoto, forse depistate dal labirinto infinito dei milioni e milioni di lire fra aziende, banche, località estere, tracce che esplorano l’alta finanza e i suoi segreti, debiti e prestiti, scenari che aprono interconnessioni con sceicchi arabi e contabili svizzeri. Indagini riaperte e concluse grazie a una soffiata. Cinque arrestati. Tre uomini, due donne. Benedetto Ceraulo: muratore (il killer); Orazio Cicala, imprenditore devastato dai debiti di gioco (l’autista del sicario); Ivano Savioni, portiere d’albergo nella zona di via Lulli, hotel a ore per amanti (organizzatore dell’agguato); Giuseppina Auriemma, che si spacciava per cartomante e sensitiva (intermediaria); infine lei, Patrizia Reggiani. Una banda di scappati di casa anziché un commando di fuoco. E invece…

Li ha più rivisti o sentiti?

«Quelli della banda bassotti, i tre, no».

La maga?

«Nemmeno».

Si dice che già due persone che condividono un segreto sono troppe.

«Auriemma mi chiamava una, due, tre volte al giorno. Parlava, commentava…».

Ma trascorsero due anni, la polizia aveva dei sospetti – forti sospetti – senza riuscire però a individuare uno straccio di indizio. Forse lei, Patrizia, credeva che non vi avrebbero mai scoperto. Ma era un esercizio razionale? Un delitto così mediatico, così oggetto di pressioni affinché venisse risolto, ambientato a Milano, quella Milano…

«Quando la governante mi avvisò dell’arrivo degli agenti, questi dissero che sarei finita in carcere ma per poche ore. Due, tre giorni al massimo e tornavo a casa».

«I PERMESSI PREMIO? NON VEDEVO L’ORA DI TORNARE IN CELLA. LÌ MI SENTIVO AL SICURO. ORA ATTENDO LA MORTE. FORSE MI REINCARNERÒ, IN UNA COCCINELLA»

Ha avuto ammiratori, mentre era a San Vittore?

«Un uomo mi ha scritto a lungo. Prometteva che, uscita, avrei trovato uno yatch in dono. Trenta metri di lunghezza».

L’ha trovato?

«No, ma quello aveva smesso di scrivere».

Donne le hanno spedito lettere?

«No».

Mitomani?

«Parecchi».

Che cosa volevano?

«Non ne ho idea».

Patrizia Reggiani ai tempi del processo, accompagnata dalle guardie penitenziarie Patrizia Reggiani ai tempi del processo, accompagnata dalle guardie penitenziarie

Ha paura?

«Paura?»

Che cos’è stato il carcere?

«Quando ho iniziato a usufruire dei permessi premio, non vedevo l’ora di tornare in cella. Stare fuori mi spaventava. Mi spaventavano, come dire, le molteplici complicazioni nella gestione della mia esistenza successive alla cattura e alla detenzione… Dentro, in prigione, mi sentivo al sicuro».

E adesso che è definitivamente libera?

«Ho avuto la fortuna, a San Vittore, di avere come direttore Luigi Pagano. Averlo, è stato un privilegio per me e centinaia di detenuti. Lo penso spesso».

Da allora a ora. Stanno girando a Milano il film sulla storia di Patrizia Reggiani. Ridley Scott il regista, fra i protagonisti Al Pacino. Hanno già chiuso le riprese a Roma e Gressoney.

Lei sarà interpretata da Lady Gaga.

«Va bene, mi somiglia».

Ha conosciuto qualcuno della produzione?

«Nessuno. Avevano cercato mia mamma, ma con me non si sono fatti vivi, non hanno mandato nulla… Vedrò lo stesso il film, spero nei cinema finalmente riaperti».

Non teme che, non avendola consultata, magari usciranno inesattezze, verranno adottate soluzioni narrative non aderenti alla realtà?

«Non ne vedo il motivo. Dovrei?».

Patrizia Reggiani il giorno della scarcerazione, nel 2017 Patrizia Reggiani il giorno della scarcerazione, nel 2017

Uno dei dati è la distanza temporale tra lei e Milano. Si è persa vent’anni, di questa città. Una trasformazione epocale nell’urbanistica, nel tessuto sociale, nell’anima della borghesia…

«Di allora mi mancano i miei locali. Nient’altro».

Sono rimasti angoli del cuore?

«Mai avuti».

Forse vorrebbe vivere altrove?

«Mah. Forse New York. Avevamo un magnifico attico, nella Olimpic Tower. Vedevo il mondo dall’alto. È una sensazione che mi dà pace e soddisfazione».

Lei pensa alla morte?

«La attendo.»

In che senso?

«Sono divorata dalla curiosità di sapere come possa essere».

E come potrà essere?

«Appunto, mi piacerebbe scoprirlo. Verrò cremata, le ceneri lanciate in mare dal mio antico veliero. Poi, forse, mi reincarnerò».

Lady Gaga, che interpreta Patrizia Reggiani, insieme con Adam Driver, che interpreta Maurizio Gucci a Gressoney: il regista è Ridley Scott e il film si intitola «House of Gucci» (foto Karma Press) Lady Gaga, che interpreta Patrizia Reggiani, insieme con Adam Driver, che interpreta Maurizio Gucci a Gressoney: il regista è Ridley Scott e il film si intitola «House of Gucci» (foto Karma Press)

In chi o cosa?

«Spero una coccinella».

Ne ha viste mai a San Vittore?

«Due. Non so come, erano riuscite a entrare. Uno spettacolo magnifico. Piccole, leggere, eleganti, colorate, riservate. Dentro un carcere. Quel carcere».

La galera è l’unico luogo dove si tocca veramente l’anima delle persone?

«Si è nudi. Disperati. Ma intendiamoci: solidarietà, d’accordo, però io stavo per i fatti miei e così gli altri stavano per i fatti loro».

Stasera vedrà l’intervista ai reali. Le sarebbe piaciuto vivere a corte?

«Forse. Per il gusto di osservare tutto e tutti con lo sguardo della stilista».

Delitto Gucci, chi è Pina Auriemma e il rapporto con Patrizia Reggiani

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Ossessionata dall’odio per l’ex marito, Patrizia Reggiani, per tutti ‘Lady Gucci’, assoldò la sedicente ‘maga’ Pina Auriemma, per far uccidere Maurizio Gucci. L’erede della maison di moda, fu ucciso a colpi di pistola il 27 marzo 1995, a Milano. I colpevoli rimasero nell’ombra per due anni, fino a quando un portiere d’albergo non si vantò: “Ho ucciso Maurizio Gucci”.

La mattina del 27 marzo 1995, via Palestro si sveglia brulicante di persone. Intorno al signorile palazzo al civico 20, le forze dell’ordine hanno formato un cordone di protezione, in mezzo al quale sfila, funesta, una lettiga con un corpo coperto. È quello di Maurizio Gucci, 46 anni, erede della maison fiorentina con la doppia G. Piange disperata la compagna Paola Franchi, che dall’appartamento dove la coppia viveva in corso Venezia si è precitata dopo la notizia di quei tre colpi di pistola. Due maldestri, a un gluteo e alla spalla, uno, crudele ed esiziale, alla tempia.

La ex moglie dell’erede della dinastia della moda, condannata come mandante per il suo omicidio nel 1995, si racconta nel documentario «Lady Gucci – La storia di Patrizia Reggiani», disponibile dall’11 gennaio sulla nuova piattaforma Discovery+

È per questo probabilmente che Patrizia Reggiani vive dapprima con incredulità la decisione di Maurizio Gucci di lasciarla dopo 13 anni di matrimonio e con due bambine piccole («Anche se avevo sempre una tata, va be’»). Poi subentra il rancore: «Sono arrivata anche a odiare Maurizio in certi giorni poi però la famiglia è sempre la famiglia». I due si separano ma lei resta sempre la signora Gucci. Le cose cambiano quando lui le chiede il divorzio: ha una nuova compagna, Paola Franchi.

Sono anni di litigi e accuse (in una telefonata lei gli dice: «Sei un’escrescenza deforme, sei un’appendice dolorosa […] l’inferno per te deve ancora venire») che portano a un accordo di divorzio stellare: Patrizia riceverà l’equivalente di un milione di euro all’anno. Ma quando Maurizio Gucci decide di sposarsi di nuovo, nella ex moglie inizia a farsi strada l’idea di farlo eliminare. È il 1994, un anno prima del delitto. Patrizia Reggiani racconta candidamente: «Andavo in giro e chiedevo a tutti, anche al salumaio: “Ma c’è qualcuno che ha il coraggio di ammazzare mio marito?». E ancora: «Io ho un difetto, non so mirare e non conosco la portata di una pistola: non lo potevo fare da sola. E ho trovato questa “Banda Bassotti” che me lo ha fatto».

Entrano in scena allora la maga napoletana Pina Auriemma, grande amica poi diventata nemica, e gli altri tre uomini condannati poi insieme alle due donne per il delitto: Maurizio Gucci viene ucciso la mattina del 27 marzo 1995 con tre colpi di pistola nell’androne di casa.

Guarita dal cancro la Reggiani torna a casa e riprende la vita di sempre. Alle colazioni con le nobildonne dell’alta società comincia a preferire la compagna di una signora napoletana, Pina Auriemma, trapianta da Portici a Milano dopo il fallimento del suo negozio ‘Gucci’, in Campania. Nessuno in famiglia vedeva di buon occhio l’intimità di Patrizia con quella donna che le leggeva le carte, tanto da guadagnarsi l’appellativo di ‘maga’. Un po’ dama di compagnia un po’ faccendiera, Auriemma si conquista la fiducia della signora assecondando la sua ossessione per l’ex marito, tanto che quando anche a lei viene fatta la solita richiesta di trovare un modo di eliminare il signor Gucci, Pina le risponde di sì. La macchina omicida si mette in moto e la mattina del 27 marzo ’95, Maurizio Gucci muore.

Patrizia Reggiani conosce Giuseppina, Pina Auriemma, a Ischia nel 1977. Sono due donne completamente diverse ma legano subito. Le due sono state amiche per anni, anzi: «Eravamo come sorelle», dice Auriemma nel documentario. Certamente Lady Gucci aveva bisogno di una confidente, di sicuro la maga napoletana era interessata ai costosi regali e benefit che quell’amicizia vip le garantiva. Auriemma sarà una figura fondamentale nell’organizzazione dell’omicidio di Maurizio Gucci.

«Ha chiesto a tutta Milano di trovare un assassino – racconta riferendosi all’ex amica Patrizia -. Certamente molte persone non l’hanno presa sul serio, l’unica cretina sono stata io». È infatti Auriemma a rivolgersi a un portinaio di sua conoscenza, Ivano Savioni, per mettere a punto quella che forse inizialmente vorrebbe essere solo una truffa per sottrarre centinaia di milioni di lire alla Reggiani. Ma davanti alle insistenze di Lady Gucci, Savioni contatta poi Orazio Cicala, ristoratore con contatti nella piccola criminalità, che a sua volta trova il killer, l’esecutore materiale: il muratore Benedetto Ceraulo.

Condannata in via definitiva a 19 anni e mezzo, Auriemma ha scontato 13 anni di reclusione e ha lasciato il carcere di San Vittore a luglio 2010.