Louis Vuitton riparte da Shanghai
Un look Louis Vuitton s-s 21
L’Oil tank art center del West Bund di Shanghai è popolato da container logati Louis Vuitton. Sono arrivati direttamente dalla Senna, dalla sede di Pont Neuf della maison di Lvmh, da dove erano erano partiti lo scorso luglio per un viaggio intorno al mondo (vedere MFF dell’11 luglio). Fanno parte dell’imponente scenografia dello show menswear primavera-estate 2021, immaginato dal direttore creativo Virgil Abloh nel segno dell’upcycling e dell’inclusività.
Show andato in scena ieri, fisicamente, nella metropoli asiatica. Un evento che sancisce una sorta di ripartenza dopo lo stop legato alla pandemia di covid-19. Ripartenza nel segno del green, o dell’upcycling ideology pensata da Abloh. Un logo green è il nuovo must a simboleggiare quel riciclo creativo capace di conferire nuova vita a ciò che appartiene al passato. Si posa ai margini delle nuove giacche sartoriali come segnale di una nuova epoca. Uomini vestiti di tute blu portano nuvole in mezzo alla pedana, che accoglie una prima parte della sfilata dal sapore evocativo.
Un look Louis Vuitton s-s 21
Portando lo spettatore ad assumere la prospettiva innocente dell’occhio di un bambino, Abloh dà vita a una nuova dimensione ideale in cui di stagionalità perde di consistenza. Ecco allora che, accanto a 30 look creati con nuovi materiali, la collezione svela 25 look frutto del riciclo e 25 attinti dalle passate collezioni e rieditati. Pellicce e bomber quilted si mescolano a ensemble più estivi. Gli archivi di Vuitton e dello stesso Abloh sono terreno fertile da cui trarre ispirazione.
Alcune silhouette sono replicate in nuovi materiali, mentre una capsule Homework racconta l’estetica dei giorni di lockdown. Passando attraverso un piccolo break prende forma una seconda parte di sfilata, la nuova collezione, animata da suit dai colori fluo, decorati da scorpioni giganti di pelo e da pupazzi che rievocano i protagonisti del cartoon realizzati per il lancio del progetto. Tutto è distorto, dall’eyewear folle, tra lenti con il logo a fiore e montature asimmetriche, al damier rivisitato.
Un look Louis Vuitton s-s 21
Uno dei container si apre e svela l’esibizione video di Lauryn Hill. Un omaggio alla multiculturalità, ribadito anche dalle parole di Abloh, che compare a fine show attraverso una proiezione digitale. «Lotto perché la moda rifletta ideali di inclusività, unità e umanità», ha sottolineato Abloh in una nota. «Molti pensieri sono confluiti in questa collezione che rappresenta solo la metà della stagione. Shanghai è stata l’introduzione alla global Black imagination», ha scritto poi in un post sul suo profilo privato di Instagram. In attesa della prossima tappa di questo viaggio intorno al mondo, prevista per il 2 settembre a Tokyo.
Giudizio. È da oriente che prende forma la ripartenza di Louis Vuitton. Grazie a un maxi evento al quale l’occhio si era un po’ disabituato negli ultimi mesi. Un messaggio che risuana forte sui social media come nelle parole di Abloh. Nel segno di un manifesto votato all’inclusività. (riproduzione riservata)
Enciclopedia della moda Mame
Giorgio Armani. Stilista italiano. Nasce a Piacenza l’11 luglio 1934. Dopo aver interrotto gli studi in medicina, entra nel mondo della moda nel 1957 come vetrinista e in seguito come buyer nel reparto uomo per i grandi magazzini La Rinascente.
Giorgio Armani inizia il suo cammino nel prêt-à-porter a quarant’anni ma il suo lungo apprendistato forgia un’interessante verve creativa, atemporale, femminile e preziosa. Gorgeous George – così fu definito da un cronista del The New York Times – è l’antesignano del casual look che vede sua massima espressione nella giacca.
Il debutto in Nino Cerruti
Nel 1966, Nino Cerruti nota le sue doti creative assumendolo come stilista per ridisegnare la collezione Hitman.
L’esperienza maturata accanto al grande stilista italiano permette a Giorgio di concentrarsi sui segreti della sartoria.
Il designer dimostra un’attitudine sopra ogni aspettativa per la confezione facendo emergere un lato del suo carattere puntiglioso e perfezionista.
Conoscendo il tessuto, dunque, carpisce la sua potenzialità creativa. In sette anni da Cerruti, impara ad abbinare i tessuti, seziona il capo liberandolo da inutile strutture e, soprattutto, comprende come realizzare capi da produrre su larga scala.
Nel 1973, con il socio Sergio Galeotti, apre un ufficio di consulenza in Corso Venezia a Milano. In quegli anni Armani si occupa di svariate consulenze per le griffe Gibò, Hilton, Bagutta, Sicons, Allegri e Montedoro.
Nel 1975 viene fondata la Giorgio Armani S.p.A che vede il suo esordio con il lancio dell’omonima collezione maschile seguita, dalla linea donna. L’astuto Armani instaura rapporti di collaborazione creativa con aziende che, fino a quel momento, si occupano di produzione in serie riuscendo a costruire una fitta rete di contatti che giovano sia alla sua immagine sia ai suoi partner. Di maggior rilievo è la collaborazione con il Gruppo Finanziario Tessile della Famiglia Rivetti che si rivela fruttuosa per entrambe le società e che promuove anche i giovani talenti.
L’astuto Armani instaura rapporti di collaborazione creativa con aziende che, fino a quel momento, si occupano di produzione in serie riuscendo a costruire una fitta rete di contatti che giovano sia alla sua immagine sia ai suoi partner. Di maggior rilievo è la collaborazione con il Gruppo Finanziario Tessile della Famiglia Rivetti che si rivela fruttuosa per entrambi le società e che promuove anche i giovani talenti.
Lo stile Giorgio Armani
Lo stile Armani si basa, concettualmente, su di un unico capo: il classico completo uomo che segna sia il guardaroba maschile sia il look femminile.
Esso rappresenta un modo sobrio di vestire. E negli anni ottanta la business woman adotta questo capo come uniforme da lavoro.
“Volevo fare ordine, abolire diverse cose, pensando alla donna intelligente e autonoma, vestita di abiti austeri. Amo la moda che non si vede“, commenta.
Il tipo di uomo e di donna a cui Armani pensa di disegnare le proprie linee sono rappresentati sullo schermo da Richard Gere e Lauren Hutton nel film American Gigolò del 1980. Realizzerà costumi anche per il teatro, vestendo i protagonisti del melodramma Elettra di Strauss alla Scala di Milano con la regia di Luca Ronconi e la scenografia di Gae Aulenti.
La giacca Armani
La giacca Armani arriva in un contesto storico ben definito. Nel secondo dopoguerra, infatti, le nuove generazioni entrano a piede teso nel mondo del lavoro chiedendo maggiore autorità.
Giorgio Armani risponde a tale richiesta proponendo in passerella un indumento formale, classico e totalmente rinnovato. Lo stilista pone attenzione all’aspetto estetico eliminando la struttura interna, ossia le fodere, le imbottiture e i rinforzi. Elimina persino la sagomatura. Questa evoluzione abolisce quasi totalmente la figura del sarto a favore della industria di confezione.
La sua è certamente una giacca del tutto nuova che annulla le differenze tra foggia maschile e linea femminile.
Nel contempo, realizza la sua tonalità: il greige, una cromia composta dalla mescola dei colori grigio e sabbia.
Il lancio di Emporio Armani
Lo stilista piacentino guarda anche con lungimiranza alle nuove generazioni di consumatori. Studia il mercato e le tendenze. Scopre che gli Xennials chiedono, in modo pressante, che la moda si preoccupi delle loro esigenze in fatto di stile.
L’aquilotto, il logo disegnato appositamente per la linea giovane Emporio Armani fondata nel 1981, diventa emblema di una nuova società.
Ideologicamente, la collezione young si basa su due capi emblematici: il giubbotto in pelle dal taglio informale e i jeans.
Il marchio si estende successivamente con le linee Emporio Armani Underwear ed Emporio Armani accessori e un’intera linea di profumi nasce grazie alla partnership con L’Oréal.
Nello stesso anno, inoltre, in seguito alle polemiche sulla sua ultima collezione ispirata ai costumi giapponesi, deciderà di non sfilare per una stagione. Questa protesta gli varrà una copertina di Time nel 1982, con il conseguente ritorno di immagine e la moltiplicazione del fatturato.
La morte di Sergio Galeotti e il nuovo business
Dopo la morte di Sergio Galeotti, Giorgio Armani assume il controllo dell’azienda anche nella sua parte finanziaria e continua l’espansione di tutti i mercati del mondo. Crea, per primo, un progetto di mass market solo per il mercato americano chiamato A/X Armani Exchange.
Negli anni Novanta nasce la collezione di cosmetici, il progetto di interior design Armani Casa e i conseguenti Armani Hotel. Nel 2005 lancia la prima collezione Haute Couture Armani Privé.
Il nuovo millennio si apre con l’acquisizione degli spazi della fabbrica della ex Nestlé in via Bergognone – nel cuore di zona Tortona, nuovo punto nevralgico del fashion design italiano – e il conseguente ampliamento della sede milanese del Gruppo Armani. Nel complesso è presente il nuovo teatro delle sfilate progettato dall’architetto di fama mondiale Tadao Ando. Realizzato in stile minimalista lo spazio accoglie anche presentazioni che ruotano tutte attorno al mondo della griffe.
Armani e nuove frontiere di business
Successivamente vengono aperti anche il celebre ristorante di cucina Giapponese Nobu, in collaborazione con lo chef stellato Noboyuki Matsuhisha, al pianoterra dell’edificio Armani di via Manzoni, divenuto punto di riferimento di una clientela internazionale in cerca di un elevato standard di experience; verrà inaugurato anche il club Armani Privé, protagonista della night life milanese.
Si svilupperanno anche forti business nel settore alberghiero con l’apertura, nel 2010, del grattacielo più alto del mondo, a Dubai. Con questa manovra Armani intende veicolare un concetto di lifestyle completo e vivibile all’interno di una struttura ricettiva in grado di offrire la visione e lo stile della Maison a trecentosessanta gradi.
Gli investimenti sul progetto del settore alberghiero continuano nel 2011 con l’apertura di una seconda struttura, questa volta a Milano. Un hotel elegante e sofisticato, completo di SPA, palestra e business center.
Armani e la comunicazione
Nel corso degli anni Armani porrà particolare attenzione alla comunicazione pubblicitaria scegliendo come testimonial celebrità appartenenti al mondo del cinema e della musica. Tra le tante personalità chiamate a pubblicizzare i prodotti della sua casa ci sono molti sportivi tra cui il calciatore David Beckham, il tennista Rafael Nadal, i calcatori Cristiano Ronaldo e Ricardo Kakà, il nuotatore medaglia d’oro Filippo Magnini, il pilota di formula 1 Charles Leclerc.
I suoi abiti saranno tra i più scelti e fotografati sui tappeti rossi di tutte le più importanti cerimonie mediatiche; in occasione della cerimonia dei Golden Globe del 2011 la griffe risulterà quella che vestirà più invitati di chiunque altro a conferma del fatto che Giorgio Armani è oggi considerato padrone incontrastato dello stile e dell’eleganza.
Sempre dello stilista italiano anche gli abiti da sposa indossati da Katie Holmes (e del suo consorte Tom Cruise) e da Danielle Spencer, moglie del gladiatore Russel Crowe. Anche la bella Megan Fox sceglie un wedding dress firmato Armani. Anche Charlène di Monaco, sceglie un abito da sposa Giorgio Armani Privé, realizzato appositamente per lei dallo stilista.
Giorgio Armani e la beneficenza
Tramite la sua azienda, Re Giorgio sviluppa e promuove anche importanti iniziative benefiche. Nel 2006 lancia Emporio Armani RED, marchio nato in collaborazione con l’associazione Product Red, fondata da Bono Vox, che produce occhiali, orologi, t-shirt in cui parte dei ricavati è devoluta al Global Fund per sconfiggere l’AIDS in Africa.
Dal 2010, anno in cui le Nazioni Unite hanno riconosciuto il diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari tra i diritti dell’umanità, viene avviato il progetto Acqua for Life, con lo scopo di installare punti di accesso all’acqua potabile in comunità che ne sono prive. Nei suoi primi dieci anni di attività e grazie alla collaborazione con diversi partner internazionali, Acqua for Life è riuscito a raggiungere più di 200.000 persone in tre continenti.
Giorgio Armani e i riconoscimenti
In oltre quarant’anni di attività riceve numerosi riconoscimenti. la Repubblica italiana lo ricopre di onorificenze nominandolo Commendatore nel 1985, Grand’Ufficiale nel 1986 e Gran Cavaliere nell’87.
Tra i molti premi spiccano per importanza il titolo di “Stilista internazionale dell’anno” conferitogli dal Council of Fashion Designer of America (CFDA) nel 1983.
E ancora, i tre “Occhio d’Oro” per la migliore collezione e il “Lifetime Achievement Award”, consegnatogli al National Italian American Foundation”.
Nel 2008 lo stilista riceve la Légion d’Honneur e nel 2014, presso gli spazi Ex Ansaldo di Milano, riceve il Compasso d’Oro alla Carriera “per aver rivoluzionato il mondo del prêt-à-porter con la creazione di prodotti di più diffuso consumo e semplice utilizzo che hanno influenzato il processo dell’intera filiera e contribuito alla diffusione dell’immagine del made in Italy, nel mondo”.
Situazione attuale
Anche per Armani, il 2020 diventa una sfida a causa della pandemia da Covid-19. Lo stilista piacentino è in prima fila per combattere un sistema moda che obbliga il disuso della stagionalità, mettendo in crisi l’intera macchina organizzativa. Giorgio ritorna a ribadire l’importanza a perseguire la legge della qualità, sfavorita da una massiccia produzione; si scaglia, inoltre, contro i saldi, rei di svalutare il prodotto.
Dopo diversi anni a Parigi, il designer porta la sua Haute Couture a Milano e decide di sfilare, nel settembre 2020, a porte chiuse ma con un evento nazionale, mandato in onda in TV.
Il 1° luglio dello stesso anno, una nota fatta diramare dall’azienda informa la nomina di Federico Marchetti in qualità di consigliere indipendente non esecutivo.
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