Chi è Marco Bizzarri, CEO di Gucci, e quanto guadagna

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CEO della maison di moda italiana Gucci dal 2014, ma non solo. Per la rivista GQ uno dei 30 uomini più eleganti d’Italia nel 2020, e manager insignito della Legion d’Onore dall’Eliseo: questo un profilo di massima di Marco Bizzarri, il reggiano che ha scalato rapidamente posizioni all’interno del Gruppo francese Kering, controllante di Gucci.

Di seguito vedremo nel dettaglio, con riferimenti biografici, chi è e quanto guadagna Marco Bizzarri in qualità di numero uno della casa italiana.

Chi è Marco Bizzarri

Nato a Reggio Emilia nel 1962, Bizzarri inizia nel 1986 la sua carriera come consulente, nella multinazionale irlandese Accenture. Il debutto nel mondo della moda avviene sette anni più tardi, nel 1993, quando Bizzarri entra nel Gruppo Mandarina Duck di Bologna, per poi assumerne la guida.

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Il 2005 l’anno della svolta: Bizzarri passa a Kering, il maxi Gruppo del lusso controllante di alcuni dei brand più in vista del panorama internazionale, da Gucci a Yves Saint Laurent fino a Balenciaga. Il primo incarico è al timone di Stella McCartney, per poi passare alla guida di Bottega Veneta.

Divenuto membro del comitato esecutivo del Gruppo Kering nel 2012, due anni più tardi Bizzarri viene promosso a CEO di uno dei brand di punta della multinazionale, l’italiana Gucci. Sotto la sua guida viene nominato un nuovo direttore creativo, il visionario Alessandro Michele, e il marchio toscano viene rilanciato a livello internazionale, con il volume del fatturato che è passato dai 3,9 miliardi di euro del 2015 ai 9,6 miliardi pre-pandemia.

Quanto guadagna Marco Bizzarri

Secondo i dati resi noti dalla maison Gucci, in qualità di CEO Marco Bizzarri riceve un compenso annuo pari a 8 milioni di euro, che ha contribuito a portare il patrimonio netto nel manager - insieme agli incarichi svolti ai vertici di Stella McCartney e Bottega Veneta - fino a 60 milioni.

In merito alle sue finanze, Bizzarri ha fatto parlare di sé per la donazione personale di 100.000 euro effettuata in favore dell’AUSL di Reggio Emilia a marzo 2020, per aiutare la struttura a fronteggiare la crescita dei contagi dovuti alla pandemia in corso.

Di qualche anno prima, tuttavia, le accuse del settimanale l’Espresso che aveva contestato a Bizzarri di pagare le tasse solo su 2,5 degli 8 milioni di stipendio annuo, con una società in Lussemburgo e la residenza in Svizzera che facevano parte - secondo i cronisti della rivista e la Procura di Milano in seguito - di un meccanismo ben oliato per aggirare il fisco italiano. Il caso è stato chiuso nel 2019 quando il Gruppo Kering, nell’ambito di una vicenda ben più ampia, ha riconosciuto all’Agenzia delle Entrate 1,25 miliardi di euro.

Chi è Marco Bizzarri, perché se ne parla e quanto guadagna

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Il 7 maggio 2021 Marco Bizzarri, presidente e Ceo di Gucci, è stato insignito del premio ‘Guido Carli’ all’Auditorium Parco della Musica di Roma. “Il suo nome – questa la motivazione – è sinonimo di eleganza e lusso, perfetta sintesi dello stile italiano di successo”. Ma chi è, nel dettaglio, Marco Bizzarri? Quanto guadagna e a quanto ammonta il suo patrimonio?

Marco Bizzarri: chi è e di cosa si occupa

Marco Bizzarri è nato a Reggio Emilia il 19 agosto 1962. Sognava un futuro nel mondo del calcio, ma ha presto cambiato i programmi dopo la scuola (ha studiato con lo chef Massimo Bottura), laureandosi in Economia all’Università di Modena e Reggio Emilia, iniziando successivamente la sua carriera in Accenture, come consulente. Dopodiché ha iniziato a ricoprire vari ruolo per diversi gruppi: da Mandarina Duck a Marithé & François Girbaud, a Parigi. Nel 2005 è entrato a far parte del Gruppo Kering come presidente e Ceo di Stella McCartney.

Dal 2009 al 2014 è stato presidente e Ceo di Bottega Veneta, quindi Ceo di Couture & Leather Goods, una divisione del Gruppo Kering. Nel 2015 è stato nominato presidente e Ceo di Gucci, uno dei marchi più noti al mondo. In quattro anni ha visto crescere il numero di dipendenti, da 11 mila a quasi 20 mila. Altro concept della sua gestione, la sostenibilità: l’azienda, infatti, è a emissioni zero.

Marco Bizzarri: quanto guadagna e a quanto ammonta il suo patrimonio

Nel suo ruolo di Ceo di Gucci, Marco Bizzarri guadagna intorno agli 8 milioni di euro all’anno. Nel 2020, l’azienda ha fatturato circa 7,4 miliardi di euro. Insieme agli altri incarichi si stima che possa avere un patrimonio tra i 50 e i 60 milioni di euro.

Parte dei suoi soldi sono destinati alla beneficenza. A titolo personale, infatti, il presidente di Gucci ha devoluto 100 mila euro all’Asl di Reggio Emilia nel marzo 2020, per aiutare il sistema sanitario durante l’emergenza Covid. Alcuni anni fa, invece, il settimanale ‘L’Espresso’ ha contestato al Ceo di non pagare le tasse su l’intero stipendio annuo, ma solo su 2,5 milioni di euro.

Secondo la rivista, attraverso una società in Lussemburgo e la residenza in Svizzera avrebbe aggirato il fisco: una presunta evasione che avrebbe coinvolto anche il Gruppo Kering, che nel si è accordato con l’Agenzia delle Entrate pagando un’imposta di 897 milioni di euro (1,25 miliardi di euro comprese sanzioni e interessi).

Marco Bizzarri (Gucci): «La moda può guidarci a un’economia nature-positive»

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Un ritratto di Marco Bizzarri, ceo di Gucci (ph Paolo Pellegrin)

Nel ruolo di ceo della moda, possiamo prendere decisioni in grado di orientare strategicamente i nostri approcci di business verso un modello nature-positive: oltre a ridurre il nostro impatto, possiamo anche proteggere e ripristinare la natura. In questo modo, possiamo procedere verso un futuro più positivo per l’ambiente. Dato che il nostro settore è responsabile di una quota significativa degli impatti ambientali, tra cui una percentuale stimata pari al 4-10% delle emissioni globali di carbonio, la moda deve giocare un ruolo fondamentale nella guida di un’economia «nature-positive» e a zero emissioni di carbonio.

Grazie a soluzioni nature-based, possiamo agire rapidamente e fornire efficacemente risultati positivi sia per la natura che per il clima. C’è molta strada da fare se solo consideriamo che circa il 90% dell’impatto ambientale del settore ricade all’interno della supply chain. Pertanto, non dobbiamo solo limitarci a ridurre ciò che è nelle nostre possibilità, nell’attesa che l’innovazione e i progressi tecnologici si mettano al passo per mitigare la situazione. Nel frattempo, le nostre aziende continuano a generare la maggior parte delle loro emissioni annue nella supply chain, anno dopo anno. Tutte le imprese hanno semplicemente la possibilità di scegliere di agire ora e diventare carbon neutral, azzerando le emissioni di carbonio nel presente, non entro il 2040 o il 2050. Non possiamo aspettare fino ad allora per risolvere la crisi climatica e ambientale. La comunità scientifica è stata chiara: se avessimo agito sulla base delle raccomandazioni scientifiche dieci anni fa, avremmo dovuto ridurre le emissioni del 3,3% ogni anno.

Un progetto di agricoltura rigenerativa sostenuto da Gucci

In questo decennio, invece, le emissioni globali dovranno diminuire di circa il 7,6% ogni anno per limitare il riscaldamento a meno di 1,5° Celsius, la temperatura registrata in epoca preindustriale. Ogni anno di inattività accresce livello di difficoltà e i costi per ridurre le emissioni. Riconoscendo il bisogno urgente di agire e portare all’attenzione il legame tra natura e clima, ho lanciato l’iniziativa Ceo carbon neutral challenge poco più di un anno fa (vedere MFF del 20/11/2019). Fin da ora, possiamo impegnarci ad assumerci la responsabilità della totalità delle emissioni di gas a effetto serra che generiamo nelle nostre attività attraverso la catena di approvvigionamento, e traducendo le emissioni che non siamo in grado di ridurre ogni anno in investimenti nature-based per il clima.

Non c’è letteralmente nulla che impedisca alle aziende di apportare il proprio contributo alla natura e al clima, se non la decisione di finanziare queste iniziative. Queste soluzioni nature-based per il clima rappresentano più di un terzo delle soluzioni che possono essere intraprese, ma attualmente ricevono solo l’1-3% dei finanziamenti green. Grazie a leader impegnati che sostengono e implementano soluzioni nature based per il clima all’interno e all’esterno delle nostre catene di approvvigionamento, il loro potenziale può essere sbloccato. In caso contrario, gli investimenti continueranno a diminuire di anno in anno, così come la loro capacità di aiutare a proteggere la società dalla crisi globale del clima e della biodiversità. Quindi, anche se il costo può sembrare significativo nel presente, i costi che sosterremo in futuro saranno molto più onerosi se non interveniamo. Credo che le nostre aziende non possano permettersi di non finanziare delle soluzioni naturali per il clima.

Alla luce della pandemia Covid-19 che stiamo vivendo, non possiamo ignorare oltre la connessione tra tutela della natura e salute umana. La biodiversità è finalmente al centro dei dibattiti sul clima. Recentemente, la Dasgupta review ha sottolineato come le nostre economie siano dipendenti dalla natura, in linea con quanto già ribadito dai rapporti pubblicati dal Wef-World economic lo scorso anno che hanno messo in evidenza il rischio economico derivante dal degrado della natura che ci circonda. Nel settore del lusso e della moda, questa relazione è ancora più immediata. Settori come l’agricoltura, l’attività estrattiva e la silvicoltura svolgono un ruolo centrale per l’approvvigionamento delle nostre materie prime - come, ad esempio, il cotone, la lana, i metalli preziosi e la viscosa.

Un progetto sostenuto da Gucci

È qui essenzialmente che la biodiversità incontra il nostro business. Dunque, si può dedurre che la salvaguardia e il ripristino della biodiversità sono intrinsecamente legati per garantire la resilienza della catena di approvvigionamento nel nostro settore. Eppure, anche se la moda dipende da una natura funzionale, come la maggior parte dei settori, si continua a dissociare le operazioni di business da una realtà in cui le risorse naturali a nostra disposizione sono limitate. Oltre a essere un dovere morale per le aziende, è senza dubbio necessario fare un passo indietro rispetto al tradizionale sistema della moda «take, make, use, waste» (prendi, crea, usa, spreca) in favore di un approccio più circolare che ha l’obiettivo di creare un impatto nature-positive. Costruire la resilienza nelle nostre supply chain, salvaguardando al tempo stesso la natura, aiuterà in definitiva a garantire la resilienza economica anche in futuro. L’agricoltura rigenerativa dovrebbe rappresentare il futuro per le filiere dell’industria della moda. Mentre gli agricoltori si impegnano a garantire il passaggio a pratiche rigenerative, si possono generare crediti di carbonio che, a loro volta, incentivano i coltivatori ad assumersi direttamente il rischio della transizione delle loro pratiche. È una brillante soluzione win-win-win: gli agricoltori ne traggono beneficio, la terra ne beneficia, così come il clima e la natura. Per maggiori informazioni sulle soluzioni nature-based per il clima adottate da Gucci, vi invito a visitare la sezione dedicata all’interno di Gucci equilibrium.(riproduzione riservata)